mercoledì 1 giugno 2011

Psicoterapia? Ritroviamo le sue origini...




Psicologia e psicoterapia sono invenzioni socratico-platoniche. Come tutte le scienze altro non sono che ramificazioni e specializzazioni delle originarie domande filosofiche, anche la psicologia e la psicoterapia sono nate nel seno della speculazione teoretica, che affonda le sue radici nei più antichi miti dell’umanità e trova, nel passaggio dal mythos al lógos, la sua piena manifestazione.
Psyché  è una parola greca e, anche se molte traduzioni della tradizione manualistica filosofica la rendono con «anima», non va dimenticato che questo termine latino (derivato a sua volta dal greco[1]) ha assunto in seguito una connotazione religiosa che rischia di alterare la fisionomia e la complessità concettuale che il termine possedeva per gli antichi filosofi greci.Per ristabilire quindi il suo effettivo significato bisogna innanzitutto tradurre psyché con «psiche»,  indicando con questa parola, come facevano i greci, tutte le facoltà non puramente corporee dell’uomo: la forza vitale, gli istinti e le passioni, le emozioni e i sentimenti, le capacità percettive e conoscitive, a tutti i livelli (anche razionali, ma non solo).
I termini «mente», «intelletto», «ragione», «pensiero», «spirito», «anima» non sono, dunque, sinonimi di «psiche». Essi, infatti, indicano solo alcune facoltà umane, conoscitive, o spirituali in senso lato. Il loro utilizzo e le loro sovrapposizioni di significato hanno creato nella storia della filosofia e della scienza alcuni equivoci, che rischiano di confondere notevolmente le idee. Tutte queste facoltà umane, varie e complesse, sono certamente intrecciate tra loro e interdipendenti, ma non sono la psiche, quanto piuttosto parti di essa.In questo senso ampio e complesso la psicologia nasce con la filosofia greca. Psyché e lógos sono parole greche: discorso della psiche, discorso sulla psiche, studio della psiche, emergere della psiche in un discorso, conoscenza della psiche, sono questi alcuni dei significati che si possono attribuire all’unione di quei due termini.Già Eraclito (VI secolo a. C.) scriveva: «Per quanto tu possa camminare, e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini della psiche: così profondo è il suo lógos».In seguito sarà Socrate a sviluppare un antico detto sapienziale, quello dello gnôthi seautón (conosci te stesso), nella prima forma di psicoterapia, parola composta da due parole greche, psyché e therapeía, cura della psiche.
Cosa sia la psicoterapia cui si riferisce, Socrate lo illustra nel dialogo di Platone, Alcibiade primo, in questi termini:
«SOCRATE. […] ci siamo trovati d’accordo che dobbiamo prenderci cura della psiche, e rivolgere ad essa la nostra attenzione. ALCIBIADE. È chiaro. SOCR. E che va lasciata agli altri la sollecitudine per il corpo ed il denaro. ALC. Certo. SOCR. In qual modo potremmo conoscere il più chiaramente possibile la nostra psiche? Giacché, con questa conoscenza, potremo evidentemente conoscere noi stessi. Per gli dèi! Comprendiamo bene quel giusto consiglio dell’iscrizione delfica {conosci te stesso] ricordata ora? ALC. Con quale intenzione lo dici, o Socrate? SOCR. Ti dirò cosa sospetto che questa iscrizione ci voglia realmente consigliare. Perché si dà il caso che ad intenderla non vi siano molti esempi di confronto, tranne quello solo della vista. ALC. Cosa vuoi dire con questo? SOCR. Rifletti anche tu. Se l’iscrizione consigliasse l’occhio, come consiglia l’uomo, dicendo: "guarda te stesso", in che modo e cosa penseremmo che voglia consigliare? Non forse a guardare verso qualcosa guardando la quale l’occhio fosse in grado di vedere se stesso? ALC. Certo. SOCR. Ecco: indaghiamo quale oggetto c’è che a guardarlo possiamo vedere lui e noi stessi. ALC. È chiaro, Socrate, gli specchi e oggetti simili. SOCR. Esatto. Non c’è forse anche nell’occhio, con il quale vediamo, qualcosa dello stesso genere? ALC. Certo. SOCR. Hai osservato poi che a guardare qualcuno negli occhi si scorge il volto nell’occhio di chi sta di faccia, come in uno specchio, che noi chiamiamo pupilla, perché è quasi un’immagine di colui che la guarda. ALC. È vero. SOCR. Dunque se un occhio guarda un altro occhio e fissa la parte migliore dell’occhio con la quale anche vede, vedrà se stesso. ALC. Evidentemente. SOCR. Ma se l’occhio guarda un’altra parte del corpo umano o degli oggetti, ad eccezione di quella che ha simile natura, non vedrà se stesso. ALC. È vero. SOCR. Se allora un occhio vuol vedere se stesso, bisogna che fissi un occhio, e quella parte di questo in cui si trova la sua virtù visiva; e non è questa la vista? ALC. Sì. SOCR. Ora, caro Alcibiade, anche la psiche, se vuole conoscere se stessa, dovrà fissare una psiche […]» (Platone, Alcibiade primo, XXVII 132c – XXVIII 133b).
La spiegazione di Socrate è chiarissima: prenderci cura della nostra psiche, cioè di noi stessi, significa conoscere la nostra psiche, cioè noi stessi, e per far ciò occorre rispecchiarsi in un’altra psiche, stabilire una relazione che ci aiuti a comprendere chi siamo. È questa la cosiddetta maieutica, che caratterizza il metodo socratico: una forma di conversazione che mira a far emergere dalla psiche del soggetto una sempre più profonda conoscenza di sé.
Questo tema è sviluppato anche da uno dei maggiori studiosi italiani della filosofia antica, Giovanni Reale, che fa appunto risalire a Socrate il concetto di psicoterapia (la cura dell’anima) e a Platone la codificazione della psicologia filosofica occidentale, nella sua articolazione e complessità. Egli scrive:
«Il concetto di psiche inventato da Socrate e codificato da Platone è centrale a questo proposito: Socrate diceva che il compito dell’uomo è la cura dell’anima: la psicoterapia, potremmo dire. Che poi oggi l’anima venga interpretata in un altro senso, questo è relativamente importante. Nonostante più di duemila anni, ancora oggi si pensa che l’essenza dell’uomo sia la psyché. Il concetto di psyché è una grandiosa creazione dei greci. L’Occidente viene da qui» (G. Reale, 1975).Il più importante allievo di Socrate, Platone, arriverà ad anticipare i temi e motivi della psicoanalisi, nata più di duemila anni dopo.Pur senza voler ora approfondire questi argomenti, per i quali rinviamo ad altra occasione, si può facilmente osservare che nella psicoanalisi si ritrovano, pur con tutte le modifiche che la storia ha reso inevitabili, gli aspetti principali della ricerca socratica e platonica: la conoscenza di sé, attraverso l’analisi del profondo, la psicoterapia, non in senso tecnico o medico (o addirittura farmacologico), ma nel significato originario di cura della psiche, e la maieutica, cui si ispira l’approccio dell’analista nei confronti dell’analizzando. Nella ricerca di Socrate e nelle dottrine di Platone l’anticipazione di questi temi è molto rilevante.
Il fatto è che, sul finire dell’Ottocento, la psicologia, da settore della filosofia, è diventata una scienza sperimentale, nell’ambito di un approccio riduzionistico ai problemi della personalità umana. L’essere umano, in contrapposizione alle correnti idealistiche che ne facevano uno spirito razionale dotato di poteri quasi assoluti sulla natura, è divenuto, all’opposto, un oggetto di esperimenti di laboratorio, allo stesso titolo di un evento fisico o meccanico. La psiche ha perduto la sua complessità e la sua soggettività. Si è così tendenzialmente ridotta ai suoi epifenomeni oggettivabili, i comportamenti.

Semplificando un po’ il senso dei processi storico-culturali, gli sviluppi successivi hanno portato ad una sorta di scissione tra psicoterapia e psicoanalisi, la cui origine è invece omogenea.
Non a caso, Fratini, nel suo intervento «L’avvenire del lettino», le contrappone, poiché sono ormai contrapposte nella percezione generale e persino nelle norme giuridiche che regolamentano i profili professionali dello psicoterapeuta e dello psicoanalista.
Ma se oggi la psicoterapia tende spesso (per fortuna non sempre) ad essere una forma di oggettivazione del soggetto, questa non è che una modalità del più generale processo della civiltà occidentale razionalista, scientista e tecnologica. La nostra civiltà ha, purtroppo, perso di vista la ricchezza, la profondità e la complessità della psiche, facendo del presunto ego razionale il dominatore feroce e spietato della natura, di cui anche la psiche fa parte.
Il dominio e l’annientamento della psiche/natura sono la più profonda alienazione e follia dell’Occidente, a cui la psicoterapia, quand’è ridotta a tecnica fra le altre, è perfettamente funzionale ed omogenea.
Bisognerebbe riscoprire l’antico linguaggio della filosofia, che è stata soprattutto psicoterapia, nel senso più autentico del prendersi cura di sé, perché solo essa può renderci migliori. Non so quale potrebbe essere l’avvenire del «lettino», ma penso che solo riproponendo l’antico significato del prendersi cura di sé la psicoanalisi potrà dare il suo contributo, più che mai necessario, alla liberazione delle persone dall’alienazione e dal nichilismo dominanti.




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